Ma in Italia (paese dalla democrazia declinante, molto indietro nelle classifiche della libertà d’espressione), non si può mai stare sicuri…
Torna online il primo video del reportage che Ruben Marosha ha girato dietro le quinte degli Zelig Lab (leggi post di commento).
Il video era stato rimosso da YouTube in modo arbitrario: avrebbe violato la privacy di qualcuno, non si sa di chi, cosa che ha reso impossibile modificarlo (tenendo presente che la fisionomia dei protagonisti era stata oscurata e le voci alterate).
Comunque adesso è disponibile:
Una preghiera: se qualcuno rilevasse una violazione alla propria privacy contatti chi detiene il materiale (Ruben Marosha). Se la richiesta è ragionevole, provvederà alle modifiche del caso. Altrimenti (in mancanza di una motivazione e di fronte a un attacco anonimo) ci saranno tutti i motivi per gridare alla censura.
Comunque chi non ha ancora visto il video, si sbrighi, non si sa mai…
Il reportage ha messo alla luce alcune gravi irregolarità. Bisogna precisare (come già scritto in precedenza) che le voci di “mazzette” per accedere agli Zelig Lab sono infondate, soprattutto non fanno parte delle procedure di Bananas srl. Però dietro le quinte la voce circola (io stesso ne fui colpito ingiustamente), quindi il video, in quel passaggio, cattura un esempio degli umori presenti nell’ambiente.
Le gravi irregolarità riguardano la modulistica, la “ragione sociale” stessa dei laboratori, mostrando esempi di come i comici firmino liberatorie che, fatte analizzare, si sono rivelate quasi del tutto o del tutto incongruenti. E’ andata così: a) pubblicazione del video b) inchiesta successiva.
L’inchiesta è partita, la rimozione del reportage non servirebbe più, perché si può dire che i buoi sono già scappati dalla stalla…
Faccio alcuni esempi dell’analisi critica delle liberatorie: quella Siae presenta un buco clamoroso: non viene indicata l’opera rappresentata, cioè l’unico dato attraverso il quale un funzionario può verificare la legalità della serata. E’ come se a un palazzo mancasse… il palazzo! (leggi il post Le liberatorie: una “truffa” basata sull’autocertificazione? )
La dichiarazione che il repertorio è frutto d’improvvisazione è semplicemente ridicola: gli Zelig Lab praticano l’esatto contrario dell’improvvisazione che come “arte” viene addirittura combattuta ed emarginata. Leggi i 12 motivi che “demoliscono” il concetto di improvvisazione.
Eccetera, eccetera. Insomma, l’inchiesta è basata su dati di fatto incontrovertibili, spesso anche su dichiarazioni fatte dalla stessa Bananas srl che ammette candidamente che i laboratori sono una delle travi portanti del business Zelig (leggi post)
Questo grazie al reportage (di cui si spera di pubblicare la seconda, interessantissima parte).
Ah. Bella domanda arvydas sabonis…
Esistono gli ispettori siae ed enpals che si dovrebbero muovere e chiedere l’agibilità e permesso di rappresentazione a coloro che salgono sul palco ma non lo fanno. Invece tartassano certi locali con annessi artisti. Come mai Viale Monza è immune? C’è qualcosa che non quadra.
>Esistono gli ispettori siae ed enpals che si dovrebbero muovere e chiedere l’agibilità e permesso di rappresentazione a coloro che salgono sul palco ma non lo fanno. Invece tartassano certi locali con annessi artisti. Come mai Viale Monza è immune? C’è qualcosa che non quadra.
Giovanni, hai centrato il punto. Ma ormai i buoi sono scappati, se in questi anni c’è stata immunità verso viale Monza 140 è destinata a finire. Se gli organi di controllo hanno dormito, è il momento della sveglia.
L’A
ma scusate, io sarò limitato ma continuo a non capire. ma c’era bisogno di ruben per svelare quello che sapevamo tutti? quando facevi tu (inteso come amministratore) i laboratori zelig non era la stessa cosa? perchè prima non hai detto niente?
>ma scusate, io sarò limitato ma continuo a non capire. ma c’era bisogno di ruben per svelare quello che sapevamo tutti? quando facevi tu (inteso come amministratore) i laboratori zelig non era la stessa cosa? perchè prima non hai detto niente?
arvydas, per rendersi conto delle cose ci vuole tempo, come mai Vanessa Incontrada ci ha messo tanto? Poi per “parlare pubblicamente” c’è voluto l’avvento del web 2.0 (che dio lo benedica).
Comunque la mia condanna verso il sistema era più che altro di tipo morale (tra parentesi: in zona Sesto san Giovanni tira un’aria corrotta, come dimostrerebbe l’inchiesta che sta coinvolgendo il PD e te lo dico con dolore, da tesserato, iscritto pure alla Cgil…).
Comunque prima del video di Ruben mai mi sarei immaginato che a livello amministrativo la situazione fosse così “fasulla” ai limiti della spudoratezza. Qualche sospetto c’era, ma non a quei livelli. Azzardo una domanda: c’è qualcosa di regolare? Sembrerebbe addirittura di no.
Ora facciamo una bella cosa: proseguiamo con l’inchiesta, rendiamola pubblica il più possibile così, in futuro, chiunque contribuisca a quel sistema non potrà più dire “non sapevo”.
L’Amministratore
Ottima risposta amministratore.