La Grande Bellezza comica (recensione)

5 Mar

(Qui sopra il trailer del vero film)

La Grande Bellezza comica è un film del 2013, girato nel mondo del cabaret, a opera del regista Paolo Sorrisino, vincitore del “Golden, che due Globe!” e del Premio Oscar come migliore “tristezza non protagonista” 2014.

Regia: Paolo Sorrisino; Produzione: Merdusa; Interpreti principali: Tony Servile; Carlo Merdone; Iaia Debole, Galatea Zanza, Antonello Venduto, Sabrina Chestrilli.

RECENSIONE – In una Milano degradata e dedita a una comicità banale televisiva, ma in cui sono presenti i ricordi della grande bellezza comica del passato, contrapposta allo squallore del presente, si aggira Jep Tormentone (interpretato in modo superbo da un Tony Servile in stato di grazia). Jep Tormentone è un autore comico, ex attore ed ex cabarettista che negli anni ’80 ha azzeccato una trasmissione di culto, ma che da allora ha smarrito la sua identità firmando trasmissioni sempre più brutte, commerciali e senz’anima. Egli conosce bene quel mondo, si sa muovere al suo interno, è amico un po’ di tutti.

Inizialmente vediamo Jep in una di quelle serate con 30 comici in cui tutti devono dimostrare che c’è divertimento, c’è energia, c’era pure un vip, “complimenti per ieri sera, wow, siete grandi”. Dove passano comici televisivi, ex televisivi, aspiranti televisivi; autori frustrati, autori scorbutici, autori alcolizzati;  produttori ex intellettuali, attori porno in cerca di alternative, ex veline, bonazze improvvisate conduttrici, teatranti di strada con la libidine dello sketch tv; dove impazzano travestimenti, gag di ogni tipo e allegria sparsa a piene mani su un fondo di evidente disperazione. Poi il giorno dopo tutto finisce su Facebook a foto sgranate e taggamenti selvaggi. Paolo Sorrisino ci mostra con grande talento visivo quel mondo assurdo e sopra le righe senza esprimere alcun giudizio morale, cercando di catturarne l’essenza e donandola allo spettatore.

un fermo immagine di una delle sequenze iniziali: la bellezza delle guglie del Duomo

un fermo immagine di una delle sequenze iniziali: la bellezza delle guglie del Duomo

Jep Tormentone frequenta una compagnia fissa di amici inconcludenti: c’è l’autore di cabaret con velleità teatrali (puntualmente fallite) in cui un inedito e dolente Carlo Merdone interpreta se stesso. Merdone gira in coppia con Nadiova, una comica che non fa ridere, che lui cerca disperatamente di scoparsi, cui offre dei testi di Karl Valentin che lei giudica scarsi, perché “i comici veneti non sono granché”; poi c’è il cabarettista meridionale di bassa statura, la monologhista radical chic di sinistra che però si sporca le mani facendo l’inviata de Le Iene, il produttore che fa trasmissioni solo per i soldi e la figa; infine c’è Viola (un’intensa Galatea Ranza) madre disperata dal fatto che il figlio, nonostante abbia già compiuto 10 anni, si ostini a guardare ancora Colorado.

I loro discorsi sono sul genere: “Ah, ci vorrebbe un David Letterman anche in Italia, però un David Letterman in Italia non si può fare perché non c’è la mentalità giusta”, oppure: “La battuta una volta pubblicata è di tutti, il plagio non esiste” oppure: “Aaaah, il teatro, ooooh, il mestiere dell’attore”, oppure “No, no, no, il monologo in Italia non funzionerà mai”.

Jep Tormentone è colto nel momento di grave crisi d’identità: vede il vuoto dentro di sé e attorno a sé, tanto da sentire, a un certo punto, la spinta a scrivere qualcosa che non sia commerciale, che (addirittura) faccia ridere e che non contenga tormentoni e giochi di parole. Intanto, nella giungla di personaggi, incontra Ramena, una cabarettista in là con gli anni che si ostina a fare monologhi sugli uomini disordinati (personaggio dolente interpretato da una bravissima Sabrina Chestrilli), Jep instaura un rapporto di amicizia disinteressato, nonostante lei lo metta in guardia: “Tutti gli uomini vogliono da me una sola cosa: la Siae. Che, vuoi la Siae pure te, a bbello?”.

Dopo l’ennesima serata di comicità e trash, Jep Tormentone giunge a questa amara costatazione: “Mi chiedono perché non ho più scritto un monologo stand up. Ma guarda qua attorno. Queste facce. Questa città, questa gente. Questa è la mia vita: il nulla. Gregorio Paolini voleva portare i monologhisti stile americano in tv e non c’è riuscito, perché dovrei riuscirci io?”.

L'intensa scena della fuga di Carlo Merdone da Milano e dalle sue produzioni comiche televisive

L’intensa scena della fuga di Carlo Merdone da Milano e dalle sue produzioni comiche televisive

Carlo Merdone decide di tornare nella provincia da cui era partito carico di aspettative, mentre Ramena muore artisticamente perché non la chiamano più in tv avendo detto “Li mortacci tua” a un capostruttura, nella struggente scena finale, guardando lo share basso di Zelig Uno, si riaccende un barlume di speranza nella mente di Jep Tormentone (allora o’ pubblico non è poi accussì fesso!), il film si chiude sul suo viso rasserenato, mentre l’alba sorge su Milano.

Sorrisino ci regala un’opera profonda e spietata, che non salva quasi nessuno, che,  però, mantiene sempre aperto l’interesse umano e l’empatia che si prova verso un mondo in disfacimento e verso la varia umanità che lo compone. Film controverso, a tratti difficile, visivamente splendido. Da non perdere!

A cura di Tullio Sketch

Ananas Blog

3 Risposte a “La Grande Bellezza comica (recensione)”

  1. Ward marzo 8, 2014 a 9:47 am #

    Allora, Jep Tormentone puo’ essere un BeppeTosco, un Sarcinelli o Pistarino, Sabrina Chestrilli, tipo Lella Costa, il produttore che pensa solo ai soldi e alla patata: TUTTI, Carlo Merdone: Gavelli ;-)……..

  2. anonimo marzo 7, 2014 a 9:07 am #

    …e poi finalmente venne IL MUSICHIONE

Trackbacks/Pingbacks

  1. Frank Zappa e le storie tese | - marzo 7, 2014

    […] si prepara a celebrare trasmissioni di finto ritmo e allegria, che intristirebbero pure Sorrentino leggi qui), vale la pena di farsi due grasse risate andando a riscoprire Frank Zappa e la sua bizzarra […]

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