
il logo del Fringe Festival 2018
Enrico Zambianchi ci racconta le sue impressioni sul Fringe Festival di Edimburgo (agosto 2018) 71° edizione. Comedians dai quattro continenti. 590 sedi di spettacolo attive, oltre 53.000 performance totali per un giro di pubblico che supera le 450.000 presenze, circa 5 milioni di sterline il giro di biglietti venduti (statistiche 2017).
Gli italiani presenti sono stati Romina Puma, Luca Cupani, Giada Garofalo e Filippo Spreafico.
Ovviamente Zambianchi non ha visto tutto, ma il sufficiente per ricavarne delle considerazioni assai interessanti. Buona lettura (link a video di repertorio per ogni comedian):
Mi sono buttato come spettatore, per la prima metà del Festival, nel mainstream della comicità inglese dopo l’esperienza identica fatta 8 anni fa (quando in pochi sapevano chi fosse Jim Jefferies o Jimmy Carr e mi misi alla prova in un paio di “Open Mic”).

Enrico Zambianchi con Tom Stade
Resiste alla grande il microfono a filo e l’asta: per il 90% dei “solo show” che ho visto è talmente iconico che quasi nessuno si azzarda a cambiarlo. Eppure la Stand-up inglese si muove talmente in fluidità che molte “regole non scritte” vengono riviste senza problemi; molti si calano nel “personaggio” e molti la buttano sul surreale, sull’assurdo, lontano dal vissuto in prima persona e liberi dalla provocazione intellettuale o dalla critica sociale.
Certo, in un ora precisa di show (con puntualità giapponese) si toccano i temi di attualità: Brexit, Trump, il tempo che passa nelle relazioni famigliari, la paura della morte, i figli che crescono, ma c’è anche parecchia poesia in giro, una vena espressionista con ampio respiro sulla fantasia, sulla mimica, sull’uso deformato della voce, sulle immagini create.
Pensando al lungo dibattito qui sulla “stand-up” messo in piedi qualche anno fa proprio su questo blog, a Edimburgo mi sembravano tutti molto più aperti nel definirsi, senza ombra di dubbio, “Stand-up comedians”.
Di seguito alcuni nomi di quelli che quando li vedi sul palco pensi “E’ meglio se lascio perdere e imparo a lustrare le scarpe” dal tanto son bravi:
John Kearns (video) è ciò che intendevo per poetica e surreale davanti ad un microfono. Il fatto che lui si definisca semplicemente uno che fa stand-up la dice lunga su quello che si può intendere con questo termine: qualcuno potrebbe storcere il naso? Non io. Sicuramente ne sentiremo parlare!
Paul Foot (video) la punta più alta dell’assurdo applicato ad uno stand-up comedian, uno stile unico che ti conquista con una pausa giusta, un movimento ripetuto, una storia infinita di particolari buttati lì con voluta superficialità e una faccia da schiaffi. Sono definitivamente un suo fan sfegatato e per questo non faccio testo, ma se entrate nel suo mondo… auguri!
Jimeoin (video) è un esempio perfetto di “observational comedy” con le sue espressioni facciali minimali che ne hanno creato il mito, anche buon chitarrista… peccato che sull’ora il suo stile pacato lasci qualche vuoto… Merita comunque sempre il prezzo del biglietto.
Come meritano il prezzo del biglietto gli ultimi 12 minuti dello spettacolo dell’americano Reginald D. Hunter (video) un po’ appannato rispetto al 2010 e giocato come nome di punta del festival (il Fringe è sembrato un po’ snobbato dai grandi, nel 2010, appunto, c’erano John Bishop, Ed Byrne, Stewart Lee, Kevin Bridges, Richard Herring, Jim Jefferies, Jimmy Carr…); un finale di grandissima arte comica concentrati in un monologo sulle responsabilità del cambiamento climatico in forma di metafora.
Poi Jason Byrne (video) un maestro indiscusso del relazionarsi col pubblico fino a coinvolgerlo fisicamente “on stage”, ormai la sua firma; Lucy Porter (video) arrivata alla maturità artistica, ricorda un po’ Franca Valeri da giovane e Hal Cruttenden (video) dal quale mi aspettavo un pelo di più.
Un applauso allo “one-liner” del momento Gary Delaney, che non poteva deludere (“mia sorella è andata dalla parrucchiera chiedendo un taglio alla Lady D., e questa l’ha sbattuta contro un pilone!”) (video) e alla femminista impegnata socialmente Kate Smurthwaite (video) satira ad alto livello emotivo, a rischio di soffocare le risate e pensare!
Una garanzia il comico londinese, ed amico, Stephen K. Amos, (video) sempre sul pezzo con stile e una straordinaria capacità di condizionare il pubblico grazie ad improvvisazioni virtuose e anche il raffinato Simon Evans (video) alle prese con l’età che avanza e le scelte dei politici britannici difficili da comprendere.
Poi c’è Nina Conti (video) Ok, è una ventriloquo scozzese (del ‘74, origini italiane) che si esibisce in tutto il mondo e non ha bisogno di grandi presentazioni, ma dire che il suo spettacolo è straordinario è minimizzare. Con grande sapienza usa le poche informazioni carpite dal pubblico nei primi minuti dello spettacolo e, con una meravigliosa capacità e intelligenza, costruisce lo spettacolo stesso.

Enrico Zambianchi con Gary Delaney
Infine, e l’ho tenuto per ultimo appositamente, l’onda perfetta della Stand-up Comedy, con la lettera maiuscola: Tom Stade, (video) canadese trapiantato proprio in Scozia, con il suo “I Swear to…”. Ti prende la risata di pancia, perfetta interazione col pubblico, tempi esatti, pause giuste, affronta con un meta-testo l’essere padre di figli maggiorenni in un gioco di specchi tra l’”essere”, “una volta ero” e “vorrei essere”, senza sconti, buttandoti in faccia la fede religiosa e quello che implica, svaccando sui vizi dell’età, senza paure, a ruota libera e con un messaggio di fiducia sulle nuove generazioni, quella dei “Millenials”. Uno di quegli spettacoli che ti capitano poche volte nella vita, che non vorresti finissero mai perchè hai le lacrime agli occhi e non sai spiegarti bene per quale motivo!
Consigli per il Fringe (come spettatori): In agosto ci sono molti turisti italiani in Scozia o che passano per Edimburgo, che è una città che merita per i suoi musei, attrazioni e paesaggi incantevoli, ma agli spettacoli che ho assistito non c’è mai stato qualche altro italiano ad assistere. E’ comprensibile. La conoscenza fluida dell’inglese “corrente” parlato è fondamentale, altrimenti, buttate via i soldi del biglietto.
L’inglese ha molte accezioni di pronuncia da quello scolastico che si basa (ovviamente) su una buona dizione; se capita un artista scozzese, gallese, irlandese, americano, sud africano, australiano, l’affare “comprensione” va in modalità “livello alto” e, per esperienza, tenetene conto. Partecipare al Fringe come “spettatore organizzato” non è una vera e propria vacanza, ma una maratona impegnativa per cui devi essere un po’ malato di comicità e sapere che il “gusto” può essere in competizione con il disagio e la vertigine: l’ampia proposta ti viene sbattuta in faccia in mille modi.
Organizzarsi a priori, informarsi, scegliere, è fondamentale. Agosto/Edimburgo è tutto molto caro, dalla sistemazione al viaggio aereo. Se non fosse per questo, ci andrei tutti gli anni.
Mi sono presentato a molti artisti, da fan quale sono, e scambiando quattro chiacchiere ho capito che nel circuito anglo/americano qualcuno ha compreso che in Italia un comico ha preso il potere politico, nel bene e nel male. E questo li incuriosisce molto. Buona ripresa autunnale a tutti! (Enrico Zambianchi)
Ananas Blog
Pregevole recensione, grazie. Vorrei precisare un dettaglio: Enrico scrive: “La Stand-up inglese si muove talmente in fluidità che molte “regole non scritte” vengono riviste senza problemi; molti si calano nel personaggio e molti la buttano sul surreale, sull’assurdo, lontano dal vissuto in prima persona e liberi dalla provocazione intellettuale o dalla critica sociale.” La precisazione è questa: la stand up è sempre stata varia. La “regola non scritta” secondo cui è stand up solo se parla di vissuto in prima persona è una putt***ta messa in giro da quelli di satiriasi, che si danno sempre tante arie ma ne sanno troppo poco per fare testo.
Ricordiamo però che in Italia la comicità personale ai tempi era praticamente scomparsa, sommersa da personaggini e battute sul traffico e sulle suocere. L’A
Forse in tv, ma certo non in teatro. La cosa grave è che quelli di satiriasi usavano quella loro regola per sostenere che la stand up è diversa dal cabaret e ciò non è vero. Anche alla luce della tradizione anglosassone, in cui stand up e cabaret sono sinonimi.
Come conferma si veda questa intervista a Woody Allen https://www.youtube.com/watch?v=DwJOskKI4n4 A 2’06” l’intervistatore gli chiede: “Negli anni 60 lei era uno stand up comedian” e Allen risponde: “SI’, ERO UN COMICO DI CABARET” (Yes, I was a cabaret comedian). Fine della questione. 🙂
In effetti lo specifico più avanti, facendo riferimento al dibattito che tanto ha appassionato anche su questo blog. Si è creato un seguito per cui, come dici tu, anche per alcuni addetti ai lavori la stand up è quella impostata sullo stile di riferimento Hicks, Carlin, CK… soprattutto americana. Una visione non condivisa all’estero, almeno al Fringe.
Chiedo venia e ho saputo che c’erano anche altri italiani al festival, ma nel catalogo ufficiale nella sezione “comedy” non erano pubblicati. Mi sono basato su quello. Chiedo scusa soprattutto a Luca Cupani, al quale avevo promesso di assistere al suo show, che era nel catalogo, ma sono arrivato lungo e la sera che mi sono deciso era sold out! (chapeau!)
era in risposta a Simone
Anche se si tratta di improvvisazione teatrale, tra gli italiani e’ doveroso citare i Bugiardini, che sono, se non ricordo male, al loro quarto Fringe con SHHHHHH!, film muto improvvisato.
Tra i Bugiardini c’e’ un signore che dovreste conoscere: Francesco Lancia…
Ciao, grazie per la segnalazione (http://new.bugiardini.it/) hanno anche fatto parte della terza stagione di Nemico Pubblico su Rai 3, facevano i musical con Francesco De Carlo. Terremo d’occhio Francesco Lancia 😉
Un piacere 🙂