
Sergio Staino e Diego Cugia (da Radio Radicale, link al video)
Lunedì 20 febbraio a Roma si è tenuto un importante convegno su satira, censura, televisione e new media, organizzato dall’Anart (Associazione Nazionale Autori Radiotelevisivi e Teatrali) e dalla Siae. Qui il video completo su Radio Radicale. Il tema è scottante e di massima attualità dato che gli spazi televisivi di libertà e satira si sono quasi ridotti a zero. Difficile fare una sintesi di ciò che è stato detto, facciamo un breve elenco dei partecipanti (molti dei quali non hanno bisogno di presentazioni):
Linda Brunetta, Valentina Amurri, Bruno Voglino, Filippo Giardina e Saverio Raimondo, Luca Martera, il professore Edoardo Novelli, Sergio Staino, Diego Cugia, Carlo Freccero (via Skype), Andrea Blarzino (autore), Alessandro Grieco (direttore Comedy Central), Mario Maffucci, David Riondino, Mario Natangelo (fumettista de Il Fatto Quotidiano), Carlo Amatetti, Sabina Guzzanti, Matteo Andreone, Stefano Sarcinelli, Stefano Disegni, Ivo Mej, Elisabetta Ramat (CGIL), Raffaella Celentano (presidente DOR), Stefano Balassone, Davide Riondino.

due partecipanti presi a caso tra la folla…
L’amministratore di questo blog era iscritto a parlare nel panel sul web, cui hanno partecipato gli autori de Il Lercio, Edoardo Ferrario (web serie cult Esami) e Federico Palmaroli (le più belle frasi di Osho), l’intervento integrale è qui dal minuto 2.48.00. Visto che tratta temi particolarmente cari al blog ne faccio un riassunto:
la censura nell’ambiente cabarettistico televisivo è arrivato tramite un passaggio epocale: l’approdo al varietà di prima serata, con 40, 50, 60 comici affastellati uno sull’altro, spersonalizzati e sostituibili. La censura avviene attraverso un metodo empatico e non autoritario: “Bello, mi piace, ma non andrà mai in televisione”, così i comici e gli autori si trovavano d’accordo sul fatto che esistesse una “televisività”. Da ciò fu facile far piovere dall’alto una lista di argomenti sgraditi (sesso, politica, religione, problemi sociali eccetera) per il semplice fatto che fossero non televisivi. Si è puntato sui luoghi comuni su cui il pubblico fosse d’accordo (le donne rompono i coglioni, a Milano vanno tutti di fretta, etc.) Il luogo comune è superficiale e impedisce di vedere la realtà in chiave satirica. Si è instaurata una dittatura del luogo comune su vasta scala. Quando la televisività è andata a pieno regime, il pubblico ha iniziato a scappare. Però la trappola continua ancora (citazione di autori che combattono da dentro per inserire degli elementi di qualità, come Sarcinelli e Mariconda). La stand up comedy è stata sdoganata da persone che non avevano nulla da perdere e contro il dogma del “non andrà mai in televisione”, è stata necessaria una certa aggressività verbale, cioè sparare a zero su tutti i pilastri del mainstream, cosa che forse è inevitabile. In conclusione un omaggio a chi fa teatro in modo coraggioso e “off” citando gli esempi di Antonio Rezza e Nicola Vicidomini.
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