Di Gat
Per Central Station vale il detto usato per tutte le altre trasmissioni simili: non cambiano la vita, solo Colorado e Zelig (ma non sempre) lo fanno. Partendo da una posta in palio comunque bassa, nell’ultima edizione si sono innescati dei meccanismi ansiogeni che hanno gettato qualcuno in uno stato di grande tensione. La redazione di questo blog ritieni che certi meccanismi andrebbero evitati perché inutili e pericolosi.
L’insieme di questa routine ha generato i seguenti inconvenienti: a) i comici dovevano tenersi liberi, quindi qualcuno ha rinunciato a fare delle serate, magari pagate anche bene, senza avere la garanzia che avrebbe registrato. In un periodo in cui c’è poco lavoro, si tratta di una perdita considerevole.
b) i comici attendevano con ansia la convocazione, non avendo alcuna certezza, e questo ha fatto stare veramente male alcuni di loro, li ha gettati in uno stato d’ansia spaventoso.
Il morbo di Zelig ha invaso anche realtà più piccole? Si sta creando una generazione di artisti per nulla “sindacalizzati”, a cui si può riservare a piacimento questo tipo di trattamento, e che possono rimanere a disposizione senza alcuna garanzia? Non è poi una cosa difficile stabilire quante puntate farà un comico, non è difficile fare un piano di produzione, non ci vuole molto per elaborare contratti che prevedano la possibilità, oltre a un numero base di puntate, l’eventuale opzione per farne delle altre; che prevedano anche la possibilità di disdire per tempo alcune delle puntate previste. Non è difficile, a meno che non si consideri che la gente accetti qualsiasi cosa, poiché tutti sono disposti a “fare tutto pur di fare televisione”.
COMMENTO: perché chi produce non crea un gruppo che rimane perché attratto dalla qualità del progetto e basta? La formula “farai delle puntate, ma non ti diciamo quante, potrebbero essere solo una oppure anche 12, quindi resta a disposizione” è il classico metodo coercitivo. Forse sarebbe accettabile da parte della corazzata Zelig (anche se crediamo non lo sia neanche lì).